LE HOLDING IN SPAGNA

 

Con l'emanazione della Legge n. 43 del 27 dicembre 1995, entrata in vigore all'inizio del 1996, la Spagna ha introdotto la normativa sulle "holding" in Spagna, dopo un primo esperimento di una vecchia legge, la n. 61 del 1978, che disciplinava la costituzione di questo tipo di società offrendo, tra le altre cose, una serie di benefici di ordine fiscale non irrilevanti, quale ad esempio quello che prevedeva un reddito imponibile pari all'1% di quanto effettivamente percepito, sotto forma di dividendi, da parte delle proprie controllate residenti all'estero.

 

 

 

 

 

 

Innanzitutto la società spagnola per poter essere considerata "holding", e quindi usufruire dei benefici fiscali concessi a queste particolari strutture societarie, dovrà, come di consueto, soddisfare i seguenti requisiti:

 

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a) avere come fine principale, ma non esclusivo, la gestione di azioni o quote di entità societarie residenti in territorio straniero;

 

b) detenere, direttamente o indirettamente, non meno del 5% del capitale della società collegata, per un periodo non inferiore all'anno solare;

 

c) svolgere la propria attività tramite l'organizzazione e la gestione sia di risorse umane che materiali.

 

A questo punto però, a nostro avviso, è necessario soffermarsi su due punti fondamentali. Il primo riguarda l'attività di gestione delle partecipazioni in società collegate; attività che, come detto in precedenza, deve essere, secondo le nuove norme, principale - "primordial" per usare lo stesso termine contenuto nella legge - e non necessariamente "esclusiva". Partendo quindi da un'interpretazione, anche solo letterale della norma si evince che la società residente nella penisola iberica potrà svolgere, oltre all'attività "principale" di gestione delle partecipazioni, anche un'attività commerciale in via secondaria potendo, nel contempo, usufruire dei benefici concessi unicamente alle "holding"; è chiaro tuttavia che le agevolazioni fiscali spetteranno unicamente alla quota di reddito connessa allo svolgimento dell'attività caratteristica e non a quella commerciale o d'altro tipo della "holding".

 

A ciò si aggiunga che i redditi maturati in capo alle società figlie residenti all'estero devono scaturire, per una quota non inferiore al 90%, da una vera e propria attività imprenditoriale; solo infatti dimostrando che la "subsidiary" straniera svolge un'attività di questo tipo sarà possibile per la "holding" usufruire dell'esenzione. In questo senso però le nuove norme dimostrano una certa elasticità, consentendo alla "holding" spagnola di detenere partecipazioni in "intermediate holding" estere che a loro volta possiedano quote azionarie "qualificate", ossia non inferiori al 5%, in altre "subsidiary" domiciliate all'estero.

 

Una volta quindi ottenuta l'approvazione, la "holding" spagnola usufruirà, si presume fino a revoca espressa, dell'esenzione sia sui capital gain che sui dividendi percepiti dalle proprie figlie situate all'estero, rispettando però due condizioni.

1) La prima riguarda i capital gain. La legge in questo senso è molto chiara; non essendo assoggettati ad imposizione i redditi maturati in seguito alla cessione di partecipazioni (capital gain), allo stesso modo e per la stessa ragione non sono considerate fiscalmente deducibili le eventuali perdite scaturite da una transazione similare (capital losses).

2) La seconda concerne i dividendi e la loro successiva redistribuzione. Se da una parte infatti i dividendi distribuiti dalle società figlie estere sono esenti da imposizione in capo alla madre spagnola, nella successiva fase di distribuzione tali dividendi sono da includere, secondo la normativa fiscale spagnola, nel calcolo della base imponibile degli azionisti che li percepiscono indipendentemente dal fatto che essi siano rappresentati da persone giuridiche o fisiche. Ed allora non si può parlare di una vera e propria "esenzione da partecipazione" ma unicamente di un "differimento d'imposta" nel senso che il carico tributario su tali redditi viene traslato dalla "holding" all'azionista; ma questo discorso vale fino a che l'azionista della madre spagnola è un soggetto residente nella penisola iberica.

 

Profondamente diverso è invece il discorso se l'effettivo beneficiario dei redditi maturati in capo alla holding è una persona giuridica residente nell'Unione Europea; in tal caso infatti, usufruendo della Direttiva Comunitaria "madre-figlia" (435/90), tali dividendi non solo non verranno assoggettati ad alcuna ritenuta alla fonte in Spagna, ma potranno beneficiare di una sostanziale esenzione in capo all'effettivo percipiente.